Dopo le dieci

Giovedì abbiamo avuto la consueta lezione online di ebraico biblico e c'erano da tradurre le "tende dei giusti" del salmo 118. E così è venuto fuori, scorrendo il dizionario, che le lettere ebraiche per dire "piantare le tende" sono le stesse della luna che "splende" in Giobbe. In modo del tutto irrazionale, ascientifico e simbolico al limite dell'esoterico, mi sono lasciata trasportare da questa idea che esista una relazEeione tra il piantare le tende e lo splendere della luna. Giovedì è stato anche il giorno in cui si è iniziato a litigare social sul coprifuoco. E uno che voleva fare il sagace moralizzatore ha chiesto con quell'antipatico tono petulante e sarcastico cosa avessimo da fare di così importante dopo le dieci, allegando la sfilza retorica del pensare comune di quel che accade al buio: ubriacarsi nei pub, andare al mercato nei parchi, il puttantour, la visita all'amante. Che altro c'è da fare, in fondo, dopo le dieci?

Ecco: dopo le dieci si montano le tende perché splende la luna.

Dopo le dieci, fuori dal ristorante dopo l'ultimo compleanno tutti insieme, con una rosa rossa in mano si scattano foto alla luna di marzo con la nuova fotocamera del nuovo cellulare.
Dopo le dieci, satolli di focaccia e cheesecake e appena un po' ebbri di sangria e moscato, tra una boiata e l'altra tra amici, può succedere che si inizi a filosofeggiare.
Dopo le dieci l'ultimo giorno del campo scuola, gli educatori ACR, quelli bravi, svegliano i bambini per la caccia al tesoro notturna.
Dopo le dieci, d'estate, attorno a un falò in spiaggia o a uno zampirone nel giardino di un amico, ci si racconta la vita.
Dopo le dieci, quando il resto della compagnia si è sciolto con una scusa e un mezzo sorriso di chi già aveva capito tutto, sopra uno scoglio in riva al mare, in mezzo a una stradina in centro storico, o con la schiena appoggiata a una vecchia quercia,  qualcuno ha dato e qualcuno ha ricevuto il primo bacio.
Dopo le dieci, ci si saluta con discrezione e sottovoce al cambio turno all'adorazione eucaristica perpetua.
Dopo le dieci, gli infermieri del turno di notte fanno il giro del reparto nella luce azzurrina del corridoio.
Dopo le dieci, sul terrazzo a Montevecchio si sente solo il vento in mezzo agli alberi, i gufi e le ali dei coleotteri contro il lampione dell'ingresso.
Dopo le dieci a inizio dicembre, può capitare di rientrare dalla prolusione dei colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, andando piano con la neve sul pendio e il ghiaccio sull'asfalto, e trovarsi un chinghiale che ti attraversa la strada; fermarti in uno slargo dei tornanti dei Mandrioli e scendere dalla macchina con le braccia strette sul petto per il freddo. E alzare gli occhi sopra le sagome nere dei faggi e non trovare più Orione, perso nel tripudio del cielo invernale.
Dopo le dieci, coi fotoamatori si va sulla corona della diga di Ridracoli a scattare foto alle stelle, e se la sera è fortunata si scende nell'invaso a sentirsi piccoli davanti all'opera dell'uomo e del creato.

Dopo le dieci si scrivono pensieri in libertà per un blog abbandonato da anni e rispolverato per disperazione nella fase uno della quarantena.
Monto la tenda, che fuori tra in po' splende la luna.

[Mi ha bloccato, il sagace moralizzatore]

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